Quasi due anni fa, nei mesi successivi al terremoto, noi giovani abitanti dell’Aquila avremmo avuto bisogno di luoghi d’aggregazione che costituissero un’alternativa provvisoria al nostro centro storico.
Strutture che sarebbero potute divenire il luogo dove svolgere tutte le funzioni sociali venute a mancare e assolutamente necessarie ad una città.
Quasi due anni fa, L’Aquila aveva bisogno di sentirsi coesa, più che mai. I cittadini avevano il bisogno concreto di vivere momenti che permettessero di credere che non proprio tutto della precedente quotidianità fosse andato perduto…
Oggi, quasi due anni dopo, niente è cambiato.
E come giovani ci chiediamo, dopo le tante richieste, le pressioni alle istituzioni perché le cose non sono radicalmente cambiate?
Probabilmente perché la risposta che è stata data è sbagliata.
Ai cittadini non sono stati restituiti i luoghi fisici dove poter riallacciare i rapporti che il terremoto aveva reso tanto difficili, ai giovani, in particolare, non è stato reso possibile ricreare dimensioni di socialità. Ci si è, invece, concentrati sulla costruzione di moduli abitativi decentrati e isolati da chilometri di distanza l’uno dall’altro. Il nostro tempo libero, la nostra vita, si è consumata sotto le luci al neon di un centro commerciale e invece di avere la possibilità di esorcizzare le paure attraverso i legami interpersonali ed il dialogo, siamo stati spinti verso l’alienazione e il consumo.
Sono passati quasi due anni… e abbiamo ancora bisogno delle stesse cose.
A questo punto come potremmo non comprendere la richiesta che alcune studentesse e studenti del Liceo classico Domenico Cotugno hanno rivolto alle istituzioni?
Come potremmo farlo quando tutti noi abbiamo concentrato i nostri sforzi nella stessa direzione?
La richiesta è sempre la stessa: dateci spazi!
Sappiamo esattamente quanto sia urgente e viva la necessità di ristabilire una dimensione sociale e chiunque, in qualsiasi luogo dell’Aquila, senta quest’urgenza ha e avrà sempre la solidarietà di tutti.
Quello che ci preoccupa, tuttavia, è di nuovo la risposta che è stata data: uno spazio, sì, ma ancora provvisorio. Il termine di consegna è fissato a Giugno. Quattro mesi.
Dovranno attendere quattro mesi, per ricevere una tensostruttura in Piazza San Bernardino.
A Giugno saranno trascorsi due anni e due mesi dal terremoto. Sarà iniziata la terza Estate che dovremo trascorrere senza il nostro centro storico. E la risposta che viene data è ancora la stessa.
Ancora tensostrutture.
Hanno intenzione di stanziare per il progetto dai 250 ai 300 mila euro.
Ci chiediamo semplicemente se, dopo tutto questo tempo, una cifra simile non possa essere impiegata per la riparazione di uno dei tanti edifici classificati B presenti nel nostro centro.
Ci chiediamo se è una malattia comune, quella di condannare i giovani, il futuro del paese, ad un futuro temporaneo ed incerto, per definizione.
Una spesa del genere, per un progetto del genere, sarebbe stata comprensibile nei mesi immediatamente successivi al terremoto. Allora, e non più adesso, si sarebbe potuto parlare di costruzioni provvisorie, e di urgenze a cui rispondere in maniera veloce anche se approssimativa.
Oggi l’amministrazione non arriva semplicemente in ritardo. Arriva in ritardo e con la risposta sbagliata.
Date a quei giovani un pezzo di centro, altrimenti non stupitevi se provano a prenderselo da soli.

Collettivo Studenti Medi aquilani