Ci sono preoccupanti segnali in città di una crescente strategia di repressione e di un vergognoso delirio securitario.
L’imbrattamento delle nicchie della scalinata di San Bernardino è solo un episodio, ma ciò che ci ha lasciato veramente esterrefatti è il modo in cui il sindaco Massimo Cialente ha rsposto, istituendo una assurda taglia sugli autori.
Per non essere da meno il consigliere D’Eramo, della destra più estrema e reazionaria, ha proposto di installare telecamere per la video-sorveglianza in centro storico. In tal modo nel nostro centro storico, militarizzato, pieno di zone rosse e desertificato, le telecamere riprenderebbero per lo più “l’assenza” e sarebbero addirittura in numero maggiore rispetto ai cittadini residenti. Un vero e proprio scenario da film di fantascienza che non ha niente a che fare con l’identità della nostra città.
La verità è che L’Aquila ha ormai una dimensione sociale catastrofica dovuta all’incapacità politica di comprendere e dare risposte ai nuovi bisogni presentatisi soprattutto dopo il terremoto.
L’Asilo occupato è nato proprio per soddisfare in modo diretto la necessità di spazi e di socialità, dove poter canalizzare ed esaltare tutte le capacità espressive.
Le parole che abbiamo ascoltato in questi giorni, anche riguardo le continue intimidazioni ai danni di chi partecipa ai percorsi dei comitati cittadini, incriminandoli per fatti veramente risibili, ci dicono soltanto dell’ottusità regnante in una città difficile come la nostra.
Sono ben altri i problemi che investono la nostra città e il nostro territorio, a partire dallo smaltimento delle macerie fino alla ricostruzione delle nostre case. L’inquisizione locale si scaglia invece contro qualche ragazzino che imbratta i muri o i comitati cittadini che entrano nella zona rossa. Questi signori dovrebbero vergognarsi, soprattutto perchè dimostrano di non aver capito nulla della dimensione in cui la nostra città sta sprofondando lentamente.
L’Aquila non ha bisogno di un clima di paura che serve solo come pretesto per smanie autoritarie.
Noi crediamo invece che la città abbia bisogno di sentirsi libera di scegliere, senza imposizioni, segregazione, zone rosse, militari, video, derive autoritarie e cacce alle streghe.
Piuttosto è necessario un cambiamento, per dotare questa città di fondamenta fatte di impegno, diritti, solidarietà, accoglienza: le sole possibili per poter affrontare la sfida per una ricostruzione sociale ed economica del territorio, resistente a “terremoti” di qualsiaisi genere.